Baja California
Baja California
Oggi vi voglio raccontare di un mio lungo tour compiuto anni fa, dal Canada fino all’estrema punta meridionale della penisola di California, (Baja e basta, per gli Americani).
Quell’anno, partii con il “camperino” Wolkswagen Vestfalia, lo avevo chiamato Rafi, diminutivo di Rafiki che in swahili significa “amico”, il giorno dopo aver chiuso nel fienile le attrezzature agricole e aver staccato le batterie ai trattori.
Era il 10 di ottobre e nel sud Ontario già si attendeva la prima neve da un momento all’altro.
Puntata la prua a sud – ovest, attraversai in diagonale tutta l’America.
Mi fermavo ogni volta che trovavo qualcosa di interessante ma 15 giorni dopo ero a Mexicali, in territorio messicano sotto San Diego, California.
Da lì iniziai a scendere per la penisola della California, lunga quasi 1000 miglia, ovvero 1600 km.
In realtà ne percorsi circa 3000, soltanto nella penisola, perché non andavo in linea retta ma passavo da una costa all’altra zigzagando e in mezzo c’erano anche le montagne.
Impiegai un mese ad arrivare in fondo, a Cabo San Lucas
C’erano spiagge magnifiche, selvagge e piatte, inframezzate a enormi rocce che parevano il risultato di un’immane grandinata. Contro di esse rompevano le onde in mille lapilli bianchi.
Spesso era possibile percorrere miglia e miglia sulla sabbia compatta incontrando solo gabbiani e cormorani; a volte dovevo perfino azionare il tergicristallo quando una raffica di vento portava fino a me gocce d’oceano.
Di solito, appena il sole iniziava a calare verso ovest, io iniziavo a cercare un luogo per la notte.
Quella volta, saranno state le sei del pomeriggio e guidavo sull’arenile da almeno mezz’ora, quando mi trovai davanti alcune rocce bitorzolute che creavano una sorta di semi- anfiteatro naturale, arrivando fin quasi all’acqua, dalla quale le dividevano pochi metri di sabbia.
Appena oltre, onde modeste rompevano sull’arenile in mille ventagli bianchi di schiuma.
Il luogo era bellissimo e perfetto per un bivacco. Fermai il camper parallelo al mare, lasciando sulla sinistra appena lo spazio per tavolino e barbecue, protetti da un’alta cresta rocciosa.
Poco dopo, seduto a guardare lontano, dove l’Oceano virava al blu scuro dei fondali profondi, mi riempivo i polmoni dei profumi di una Natura intatta
Aromi di erbe selvatiche e di salino e… d’un tratto avvertii un odore differente.
Di erba, sì, ma… di un’erba che nulla aveva a che fare con quel contesto.
Curioso di capire se fosse la mia fantasia a giocarmi uno scherzo, naso all’aria, girai due volte su me stesso poi puntai alle rocce davanti a me.
Pochi passi per superarle e, davanti a me, un grosso, vetusto furgone, la fiancata stinta ancora segnata dal logo del Oregon Mail Service, il Servizio Postale dell’Oregon.
Simile a un alto scatolone, aveva le portiere scorrevoli; dal grande portellone posteriore a serranda scorgevo una ratatuglia di sacchi a pelo, borsoni e coperte. Da una stuoia a colori vivaci un meticcio bianco e nero mi fissava con occhi mansueti e moderatamente curiosi.
“Hi, what’s going on?”
La voce un po’ in falsetto che chiedeva come mi andassero le cose, apparteneva a un personaggio dai lunghi capelli rossicci legati a coda di cavallo.
Stesa accanto a lui, gli occhi appena socchiusi, una ragazza minuscola tirava da una pipetta nera boccate di fumo, quello stesso che mi aveva attirato fino a loro.
Fu così che conobbi Frank e Francy, lui canadese e lei fiamminga ma entrambi vagabondi del mondo.
Da qualche anno giravano il continente senza una meta precisa, fermandosi per un paio di mesi ogni volta che restavano al verde, pronti a raccogliere frutta o a servire ai tavoli di un coffee- shop.
Ci facemmo compagnia per qualche giorno, collaudando i rispettivi repertori gastronomici.
I loro risentivano di vaghe contaminazioni orientali piuttosto interessanti ma anche i miei spaghetti alla mediterranea riscossero un lusinghiero successo.
All’estremo sud della penisola, ricordo per il curioso binomio dei loro nomi, una spiaggia chiamata Divorce Beach e un’altra, poco lontana, Playa del Amor
Tutto è cambiato
Potei sistemarmi per alcuni giorni sulle rocce a pochi passi dalla spiaggia e godermi dei tramonti spettacolari in quasi totale solitudine.
A quei tempi non c’era quasi nulla, laggiù, solo qualche raro cottage e pochi alberghi ma comunque a non meno di un paio di miglia dal mio bivacco.
Adesso vedo su Google Earth che è pieno stipato di hotel ville e porticcioli turistici.
Fu un viaggio che non potrò mai dimenticare, fatto “seguendo il naso”, senza programmi ma rispettando sempre la regola” se mi piace mi fermo, altrimenti proseguo”. Trovai sempre clima e temperature ottime, lungo la penisola, fra 15 e 30 gradi.
Rientrai in Canada a metà dicembre, mi pare, in tempo per prepararmi per l’ Italia, dove avrei trascorso le feste con famiglia e amici.
Alberto Angelici